Quei 10 mila camionisti stranieri sui tir selvaggi, mine vaganti sulle nostre autostrade

Guadagnano pochissimo, guidano senza osservare i turni di riposo, fanno delle vere e proprie maratone al volante dei loro Tir, per cercare di portare a casa quanti più soldi possibili.

Diecimila camionisti dell'Est europeo sulle nostre strade. Guadagnano pochissimo, guidano senza osservare i turni di riposo, fanno delle vere e proprie maratone al volante dei loro Tir, per cercare di portare a casa quanti più soldi possibili. Conducono mezzi vetusti e senza controlli di sicurezza, trasportano merci su e giù per il continente, entrando e uscendo dall'Italia, e rappresentano un pericolo ambulante per loro, naturalmente, e per chi ha la malasorte di incrociarli.

Non esiste un albo
La stima di quanti camionisti senza regole e senza controlli circolino in Italia non ha una fonte ufficiale. Non esiste, infatti, un albo nazionale degli autotrasportatori in attività sulle nostre strade. Ma i numeri che vengono dagli organismi di categoria sono impietosi. Il taglio dei costi, la massimizzazione dei profitti di alcune imprese, l'assenza totale di controllo, la differenza di regole e norme rischia di scaricarsi pesantemente sulla sicurezza di tutti.

Ci sono schegge impazzite intorno a noi, insomma, e fanno danni incredibili. L'ultimo incidente drammatico in Piemonte, l'altra notte. Emil Volfe, 63 anni, slovacco, era partito il 21 settembre dalla Gran Bretagna, diretto a Pordenone, per scaricare la merce che trasportava. Ha percorso tutto d'un fiato 1300 chilometri, senza chiudere mai gli occhi, senza dormire, senza riposare. Ha passato La Manica, poi Calais, poi il Frejus, "aiutandosi" con dosi massicce di alcol, fino a che, sulla tangenziale di Torino, non ha travolto e fatto a pezzi una incolpevole auto, ammazzando una coppia e ferendo gravemente i loro tre bambini. Poi ha continuato la corsa per altri 50 chilometri, travolgendo altre auto. Fermato finalmente dalla Polizia stradale, era totalmente ubriaco, stravolto, incapace perfino di camminare. Figuriamoci di condurre un Tir.

Camionisti disposti a tutto
L'episodio ha riacceso i riflettori su una vicenda di cui negli ambienti dell'autotrasporto si parla da tempo. La rilancia, oggi, sul Corriere, Dario Di Vico. Nella logistica italiana impera la logica del ribasso dei costi e della speculazione sui profitti. Tutto a scapito della sicurezza. I camionisti che vengono da Romania, Serbia e altri Paesi dell'Est non guadagnerebbero più di 500 euro al mese, sarebbero pronti a fare turni mostruosi per guadagnare qualcosa in più, non vengono sottoposti ai controlli su salute, lucidità, idoneità a cui sono, invece, assoggettati i colleghi italiani.

Mezzi vecchi e senza controlli
Non solo differenze di salario, quindi. "I nostri autisti devono sottostare a controlli annuali contro alcol e droghe", dice al Corriere il segretario regionale Fita-Cna del Piemonte, Spataro. "Gli autisti di altri paesi, no. Non è solo concorrenza sleale sui salari ma pericolo per tutti". Mezzi vecchi, inoltre, con cronotachigrafi manomessi, impianti non revisionati e, soprattutto, autisti non formati. Secondo le associazioni di categoria, infatti, salgono sui tir sempre più spesso ex agricoltori, ex operai, perfino ex poliziotti rimasti senza lavoro, che si inventano autisti per sbarcare il lunario e non sono temprati ad un lavoro che ha i suoi segnali, un suo codice di comportamento, perfino una sua grammatica della sicurezza: segni da cui si capisce la stanchezza, micro reazioni da cui si evince che è il momento di fermarsi un po'.

Il problema degli interinali
Il problema, secondo i sindacati, sono alcune agenzie interinali, che propongono selvaggiamente alle imprese italiane di autotrasporto camionisti improvvisati che vengono da paesi più poveri. La legge prevede che il compenso sia sempre quello fissato dalla norma nello Stato da cui vieni. Questo fa sì che laddove uno straniero dell'Est costi 100, un italiano costi mille. Crollano i salari, meno contributi, meno tasse. Una differenza che taglia dal mercato gli autisti specializzati, che si sottopongono a maggiori controlli, a rigore, a formazione, e apre a conducenti improvvisati, meno formati, disposti a tutto e molto meno capaci. Il tutto sulla nostra pelle.

Più controlli e regole certe per tutti
L'incidente di Torino, così, smette di essere una trafica fatalità, o la conseguenza di un comportamento individuale scellerato, e diventa grande questione sociale, che ci riguarda tutti. "Ci vogliono più controlli sulle strade - dicono i sindacalisti - queste forzature vanno fermate prima che sia troppo tardi". Ma c'è chi invoca anche nuove regole europee. Il cuore, poi, della nostra vita è sempre lì: a Bruxelles. Libera circolazione delle merci, delle persone e dei lavoratori. D'accordo. Ma allora armonizzazione delle regole, dei costi, degli standard di sicurezza, dei parametri di formazione, di controllo e di rigore. Va bene la competizione, ma se nella corsa travolgi due genitori e tre bambini, se ammazzi chiunque passi, se schiacci il mondo per non essere schiacciato tu, non siamo nel futuro, siamo nel mondo dei selvaggi.

di Antonio Menna

(fonte notizie.tiscali.it)

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